Causa C520/21, Arkadiusz Szcześniak contro Bank M. SA, con l’intervento di Rzecznik Praw Obywatelskich, Rzecznik Finansowy, Prokurator Prokuratury Rejonowej Warszawa – Śródmieście w Warszawie, Przewodniczący Komisji Nadzoru Finansowego.
L’art. 6, par. 1, e l’art. 7, par. 1, della Direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi, in caso di annullamento di un contratto di mutuo ipotecario nella sua interezza, da un lato, non ostano a che il consumatore richieda all’istituto di credito una compensazione che vada oltre il rimborso delle rate mensili versate, le spese pagate per l’esecuzione del contratto, nonché il pagamento degli interessi di mora al tasso legale a decorrere dalla domanda di pagamento; contrariamente, dall’altro lato, essi ostano a che l’istituto di credito possa richiedere al consumatore una compensazione che vada oltre il rimborso del capitale versato per l’esecuzione del contratto, nonché il pagamento degli interessi di mora al tasso legale a decorrere dalla domanda di pagamento.
La sentenza della CGUE è intervenuta in materia di abusività delle clausole di conversione tra valuta estera e valuta nazionale contenute in un contratto di mutuo ipotecario concluso tra un istituto di credito e un consumatore, vagliando, in particolare, se l’art. 6, par. 1, e l’art. 7, par. 1, della Direttiva 93/13, nonché i principi di efficacia, certezza del diritto e proporzionalità, debbano essere interpretati nel senso di ammettere che le parti possano richiedere, oltre al rimborso delle somme pagate in sede di esecuzione del contratto (consistenti, da un lato, nel capitale accreditato per quanto concerne la banca e, dall’altro, nelle rate, nelle spese, nelle commissioni e nei premi assicurativi per quanto riguarda il consumatore) e agli interessi legali di mora dalla domanda, anche qualunque ulteriore corrispettivo, come, ad esempio, la remunerazione per le somme indebitamente trattenute, il risarcimento, il rimborso per le spese sostenute o l’indicizzazione della prestazione.
Nel rispondere a tale quesito, la sentenza ha fissato i seguenti punti:
Ancorché spetti agli Stati membri individuare le concrete modalità a mezzo delle quali possano realizzarsi gli effetti giuridici derivanti dalla declaratoria di abusività di una clausola, l’accertamento della suddetta abusività deve, in linea di principio, tendere al ripristino della situazione di diritto e di fatto in cui il consumatore si sarebbe trovato in mancanza della clausola abusiva stessa, rendendosi a tal fine necessaria la restituzione dei vantaggi indebitamente ottenuti dall’istituto di credito in forza delle clausole poi dichiarate abusive;
- L’effetto restitutorio deve essere a maggior ragione garantito quando:
- La mancanza di un tale effetto a vantaggio del consumatore sia idonea a compromettere l’efficacia dissuasiva che l’art. 6, par. 1, in combinato disposto con l’art. 7, par. 1, della Direttiva 93/13, mira a ricollegare alla declaratoria di abusività;
- La natura abusiva delle clausole inserite in un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista determina non solo la nullità delle suddette clausole, ma anche la caducazione del contratto nella sua interezza;
- E’ compito del giudice del rinvio verificare se, e in quale misura, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, il fatto di soddisfare le richieste del consumatore, ossia acconsentire ad una compensazione che vada oltre il rimborso delle rate mensili pagate e delle spese sostenute per l’esecuzione del contratto di mutuo ipotecario, insieme al pagamento degli interessi di mora al tasso legale a partire dalla domanda, superi quanto necessario per perseguire gli obiettivi consistenti, da un lato, nel ripristinare in diritto e in fatto la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza delle clausole abusive e, dall’altro, nel preservare l’efficacia dissuasiva imposta dalla Direttiva 93/13;
- (er quanto riguarda, invece, le pretese dell’istituto di credito nei confronti del consumatore, acconsentire al professionista di chiedere un compenso che ecceda il rimborso del capitale versato per l’esecuzione del contratto nonché, eventualmente, il pagamento di interessi di mora, ben potrebbe minare l’efficacia dissuasiva perseguita dalla Direttiva 93/13. I consumatori, infatti, potrebbero essere disincentivati a far valere i propri diritti derivanti dalla Direttiva 93/13, se esposti al rischio di dover pagare un siffatto compenso maggiorato a vantaggio del professionista.
-
Amministratorehttps://dirittodeicontratti.eu/author/test-administrator/
-
Amministratorehttps://dirittodeicontratti.eu/author/test-administrator/
-
Amministratorehttps://dirittodeicontratti.eu/author/test-administrator/
-
Amministratorehttps://dirittodeicontratti.eu/author/test-administrator/