La domanda di revocatoria dell’atto con cui è stato costituito in fondo patrimoniale un bene della comunione legale va rivolta, notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5, c.c. nei confronti di entrambi i coniugi (ancorché solo uno di essi sia debitore) e in quanto preordinata all’espropriazione forzata del medesimo cespite – necessariamente da compiersi per l’intero – essa è diretta ad una pronuncia d’inefficacia dell’atto complessivo e non limitata alla inesistente quota pari alla sola metà del bene.
La Suprema Corte conferma il principio (già statuito da Cass. civ., sez. III, n. 6575/2013) in virtù del quale, in presenza di un credito personale di un solo coniuge, l’azione revocatoria dell’atto costitutivo di un fondo patrimoniale – con cui i consorti hanno vincolato un bene in regime di comunione legale – determina l’inefficacia dell’atto nel suo complesso al fine di consentire il pignoramento della res nella sua interezza.
In motivazione, la Corte rammenta anzitutto la distinzione tra comunione ordinaria e comunione legale, precisando come quest’ultima sorga in funzione di un rapporto di coniugio ispirato al principio di eguaglianza tra i consorti. Pertanto, a differenza della comunione ordinaria, essa non ammette una strutturale suddivisione pro quota del patrimonio comune, se non in un’ottica prettamente ideale (ex multis, Cass. civ., sez. III, n. 1647/2023; Cass. civ., sez. II, n. 2047/2019; Cass. civ., sez. II, n. 21503/2018).
Alla luce di tale premessa, la Corte prosegue osservando che l’azione pauliana, di cui agli artt. 2901 ss. c.c., in quanto mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale strumentale alla tutela del diritto di credito, costituisce un presupposto necessario del pignoramento della cosa comune. Essendo, dunque, l’azione revocatoria ordinaria volta a rendere inefficace l’atto costitutivo del fondo patrimoniale al fine di procedere all’espropriazione forzata dell’intero cespite ivi incluso, essa deve essere esperita, notificata e trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5, c.c. nei confronti di entrambi i coniugi, anche del consorte non debitore (Cass. civ., sez. VI, n. 5768/2022; Cass. civ., sez. III, n. 19330/2017; Cass. civ., sez. III, n. 21494/2011).
Infine, con riguardo alla corretta interpretazione da attribuire all’art. 170 c.c., la Corte precisa che la disposizione non sancisce l’assoluta impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale. A tal fine, occorre che il creditore sia a conoscenza dell’estraneità del credito ai bisogni della famiglia (Cass. civ., sez. III, n. 966/2007; Cass. civ., sez. III, n. 6017/1999; Cass. civ., sez. III, n. 591/1999).
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